lunedì 4 giugno 2012

Venezia come case history nella capacità di carico di un luogo turistico.

Venezia, città turistica per eccellenza, si trova da tempo in una fase che si può  definire di "saturazione". Circa 22 milioni di visitatori arrivano a Venezia annualmente; di questi, soltanto il venti percento è composto da escursionisti, visitatori che non dormono nel centro storico ma a casa o in altre località di vacanza o nella periferia di Venezia. In un tentativo di misurare la capacità di carico, realizzato dall'Università Ca'Foscari di Venezia, emerse chiaramente che la capacità di carico, aveva una dimensione quantitativa non più di circa 12 milioni di visitatori all'anno) e una dimensione qualitativa (il 60% di chi viene dovrebbe essere pernottante e solo il 40% escursionista). La politica turistica dominante di una città come Venezia che ha evidenti problemi di sostenibilità dello sviluppo turistico deve essere prioritariamente quella della gestione dei flussi. Il primo input per tale politica è costituito dal confronto tra l'afflusso attuale rispetto a quello ottimale: Venezia dovrebbe ridurre l'afflusso complessivo di circa 10 milioni di visitatori annui, spalmati molto meglio nel corso dell'anno e su tutta la superficie del centro storico. Il secondo input che dobbiamo considerare riguarda la qualità del flusso di visitatori: c'è ampio spazio per far crescere ancora significativamente il turismo pernottante, mentre la parte del mercato turistico da ridimensionare notevolmente è quella escursionistica. 

Due nuovi ingredienti di una politica turistica moderna sembrano dare ottime prospettive per rendere il flusso turistico maggiormente compatibile con le esigenze di una destinazione turistica come Venezia: il primo è dato dagli strumenti di fiscalità applicati al settore turistico, mentre il secondo ingrediente viene dai sistemi intelligenti di prenotazione. Il fascino dell'introduzione di forme di tassazione per i turisti da parte degli amministratori locali non deriva solamente dal gettito prospettato  ma ha un fondamento più pratico.

I turisti non votano come i cittadini e quindi la popolarità di chi governa rimane invariata. In realtà, è molto meno facile tassare i turisti di quanto si possa pensare. In primo luogo, la tassa turistica non dovrebbe favorire comportamenti viziosi e disincentivare quelli virtuosi.

L'esempio più eclatante è la cosiddetta tassa di soggiorno prevista nell'attuale decreto sul federalismo municipale, tassa che colpisce quei turisti che usufruiscono di servizi di alloggio presso strutture ricettive ufficiali nel luogo della vacanza, e risparmia i visitatori "mordi e fuggi". 

Introdurre una tassa che favorisce gli ospiti meno interessanti e che offre ai clienti migliori un buon motivo per andare a dormire altrove è decisamente sbagliato. 

In secondo luogo, la tassa non dovrebbe lasciar spazio a comportamenti evasivi.

In terzo luogo, la tassa turistica, essendo principalmente una tassa di scopo, non deve sparire nel calderone della spesa pubblica ma essa deve dare a chi p tassato una sensazione di miglioramento della qualità del servizio turistico nella sua interezza.

Insomma, bisogna introdurre una tassa turistica che colpisca i visitatori meno interessanti e che al contrario favorisca quelli più interessanti. 

Inoltre, va trovato un servizio turistico da tassare che interessi a tutti i segmenti del mercato. Se non fosse in contrasto con il principio cosi caro dell'Unione Europea della libera circolazione dei cittadini, il famoso biglietto d'ingresso soddisferebbe pienamente questi criteri. 

La seconda strada che ormai è difficilmente evitabile è quella di rendere la visita alla destinazione prenotabile per turisti pernottanti e - soprattutto - escursionisti. Cosi facendo, la gestione del flusso turistico non avverrebbe più attraverso numeri chiusi e divieti, ma attraverso incentivi e disincentivi che indurrebbero i visitatori a comportarsi in modo più rispettoso e più compatibile con le esigenze della città e dei suoi abitanti. La leva utilizzata nei confronti dei visitatori dovrebbe essere un pacchetto di accessi privilegiati e di sconti su prodotti turistici pubblici e privati, uniti in una city card, che si potrà ottenere soltanto tramite prenotazione. 

I prodotti che meglio si prestano per questo scopo sono i soliti: attrazioni, accoglienza, trasporto di persone, ricettività, ristorazione, artigianato e commercio. Dovranno essere quindi coinvolti tutti i comparti pubblici e privati del sistema turistico locale ma con la regia saldamente in mano al comune. 

Le nuove tecnologie, in particolare Internet e gli smart phones, saranno al servizio di questo sistema di gestione dei flussi e serviranno a mettersi in contatto con i visitatori prima della loro partenza e a far confluire, successivamente, le loro prenotazioni in un unico sistema di gestione della visita rendendo cosi lo sviluppo turistico strutturalmente sostenibile.

Invito alla riflessione

Le difficoltà che ogni località si trova ad affrontare nel momento in cui diventa destianzione turistica, quando si supera la soglia della dimensione fisica - massima sopportazione delle risorse primarie - generalmente si entra nella dimensione sociale, e gli indigeni cominciano a mal sopportare la presenza degli Ospiti. E' questo il punto di maggiore criticità delle destinazioni, perché è qui che scaturisce il fenomeno dell'antiturismo, quel latente sentimento di malessere che si annida nei residenti. Aumentano i sentimenti - ed i gesti - di sofferenza nei confronti dei turisti, perché la loro invasione viene vista dai residenti come un'occupazione di spazi e di servizi. Allora, al fine di evitare ripercussioni negative che incidono poi sulla dimensione economica e su quella socio-economica, è utile affrontare la questione della carrying capacity. Si tratta, è ovvio, di un argomento delicato, poco gradito: molte Amministrazioni locali hanno la consapevolezza del problema, poche o nessuna lo affronta con capacità  di analisi scientifica e, soprattutto, con proposte. Ma il problema sussiste e sarà ancora più tangibile con passare degli anni.

Fonte:
Jan van der Borg
Vincenzo D'Angelo





0 commenti:

Posta un commento