domenica 29 aprile 2012

Perché avere un dipendente non coinvolto può costare soldi e clienti.


Il mese scorso la Goldman Sachs, una delle maggiori banche al mondo, è stata colpita da un vero e proprio scandalo, che gli è costato ben 2 miliardi di dollari di valore in borsa. Il terremoto è stato provocato da Greg Smith, ex vice direttore dell’azienda, che si è licenziato in modo plateale rendendo pubblico il suo disappunto per una banca in cui non si riconosceva più, una banca pronta a spennare i propri clienti come fossero solo dei pupazzi da cui trarre profitto.

Insomma, un dipendente infelice e che non si senta parte di un progetto comune, non solo può far perdere clienti, ma anche soldi, e più di quanti possiate immaginare. Per correre ai ripari dovete fare in modo di coinvolgere il vostro staff e farlo sentire davvero parte integrante dell’hotel.


È tutta questione di “engagement”
Una persona che lavora part time per una piccola struttura in centro a Firenze. Lavora “a chiamata”, in giorni e orari sempre diversi durante la settimana: ovviamente non si preoccupa più di tanto del suo lavoro, che reputa solo uno step di passaggio, e non gli interessa niente di quello che accade all’hotel, delle tariffe sballate sui portali o delle brutte recensioni che prende su TripAdvisor.

Si rende perfettamente conto di tutto questo, ma perché dovrebbe parlarne alle proprietà? In fondo l’hotel è loro e così anche la responsabilità. Eppure è proprio lui che accoglie i clienti, lui che risponde al telefono, e sempre lui che si occupa delle loro richieste.

Il punto è: sareste contenti di far parlare per voi qualcuno che non condivide la vostra filosofia di ospitalità? Non credo. Ecco perché prima di pensare a come fare “engagement” con i vostri ospiti sui social media, è bene che pensiate a come coinvolgere e rendere partecipi dell’hotel anche i vostri dipendenti.

Imparate a conoscere i membri del team uno per uno, anche quelli stagionali. Fate sapere i vostri progetti e fatevi spiegare quali sono i loro. Condividete obiettivi e strategie per realizzare quelli di entrambi. Fateli sentire parte di qualcosa, perché in fondo siete una squadra. Allo stesso tempo non tagliate loro le ali, cercate di capire per cosa sono portati e favorite le iniziative personali che portino una ventata di novità e dei benefici alla vostra struttura.

Perché avere un dipendente non coinvolto può costarvi soldi e clienti.
Jacob Morgan, esperto di marketing aziendale, ha riunito una serie di interessanti statistiche per spiegare quali siano su una azienda gli effetti di un team poco motivato e che non si senta coinvolto con la mission dell’azienda stessa. I dati riguardano gli Stati Uniti, ma ovviamente credo che gli effetti siano identici anche nel Belpaese:

La mancata produttività di dipendenti che non vengono coinvolti dalle aziende costa all’economia statunitense 370 miliardi l’anno (fonte: Gallup)
Il 70% dei dipendenti coinvolti indica di sapere perfettamente come soddisfare i bisogni dei clienti; solo il 17% dei non coinvolti dice lo stesso (fonte: WrightManagement)
Il 78% dei dipendenti coinvolti raccomanderebbe i prodotti e i servizi della propria azienda vs. solo il 13% dei non coinvolti (fonte: Gallup)
Il 67% dei dipendenti coinvolti sostengono la loro azienda o organizzazione vs. il 3% dei non coinvolti (fonte: Gallup)
L’86% dei dipendenti coinvolti dice di essere spesso felice a lavoro vs. l’11% dei non coinvolti. Il 45% dei coinvolti dice di trarre gran parte della propria felicità dal posto di lavoro vs. l’8% dei non coinvolti (fonte: Gallup)
Maggiori livelli di coinvolgimento sono correlati a più alti livelli di innovazione. Il 59% dei dipendenti coinvolti dice che il proprio lavoro stimola le idee più creative vs. solo il 3% dei non coinvolti (fonte: Gallup)
Il 18% dei dipendenti che non si sentono coinvolti, in realtà minano il successo di chi lavora con loro
Il 72% deli lavoratori USA non si sentono coinvolti nel loro lavoro. Vengono definiti “sonnambuli” durante la loro giornata lavorativa (fonte: Gallup)
Come ho detto sopra, mica vorrete che i vostri clienti vengano accolti in hotel da un “sonnambulo”?

È vero, è impossibile che tutti i membri del vostro team siano sempre felici e soddisfatti del loro lavoro, ma dovete fare davvero di tutto perché questi si sentano “coinvolti” e motivati nel loro incarico. Stare al front desk di un hotel non è la stessa cosa che rispondere a un centralino.Non fate dei vostri dipendenti degli estranei: renderete pessima la loro giornata e, così facendo, anche quella dei vostri clienti.

Fonte:
Booking
V. D'Angelo

I Social Media e le aspettative dei consumatori.

Il sondaggio: usare i social media per dare consigli o assistenza?

È stata Barbara de Lollis, curatrice della rubrica Hotel Check-in del quotidiano online USA Today, a lanciare il sondaggio alla ricerca del perché tante strutture falliscano nella comunicazione social con i propri clienti.

“Qual è la vostra priorità quando interagite con un hotel su Twitter, Facebook o altri profili social?”, è  stato  chiesto ai lettori.

Ogni utente poteva scegliere una sola risposta su cinque:

1 - Avere consigli sulla location, gli eventi, ecc.
2 - Avere informazioni sul tempo, il traffico, i trasporti pubblici
3 -Risolvere nell’immediato un problema in hotel
4 - Lamentarsi o congratularsi per l’esperienza avuta in hotel
5 - Guardare e condividere immagini dell’hotel, del ristorante, della piscina, ecc.


 5  Tempo, traffico e trasporti.
Sembra abbastanza scontato che la risposta che ha ottenuto minor voti sia la seconda: solo il 2% dei partecipanti è interessato a ricevere informazioni sul tempo o il traffico. Sebbene probabilmente gli utenti cerchino anche questo tipo di informazioni online, è chiaro che si aspettano di riceverle da altri canali piuttosto che da un hotel.

 4  Segnalare un problema da risolvere.
Personalmente dubito molto che, una volta in hotel, un cliente trovi più semplice e veloce denunciare un problema via Twitter piuttosto che direttamente al front desk. È interessante però notare come probabilmente il 12% dei lettori si aspetti di vedere risolto un problema più velocemente se reso pubblico online.

  3  Vedere/condividere foto dell’hotel.
Il 26% degli intervistati segue un hotel per raccogliere maggiori informazioni, vedere le foto postate dalla struttura stessa e dagli altri utenti e confrontarle magari con quelle ufficiali del sito dell’albergo. D’altronde come abbiamo visto la scorsa settimana, utilizzare immagini della struttura, dei clienti o della destinazione, può avere una ricaduta molto positiva sulle capacità di engagement dell’hotel (vedi Il potere delle Immagini: 5 modi per dare una scossa i profili social dell’hotel).

  2  Lamentela/apprezzamento dell’hotel.
È davvero molto importante il fatto che il 30% dei lettori decida di seguire una struttura per fare apprezzamenti o lamentele. Segno che, dopo TripAdvisor e co., anche i social sono diventati ormai luoghi privilegiati per lasciare commenti e recensioni.

www.sorrisoresort.it  1  Informazioni sulla destinazione. 
La motivazione principale per seguire un hotel restano le informazioni sulla destinazione. Il sondaggio ha messo bene in luce che i lettori vogliono informazioni di valore, informazioni che difficilmente troveranno real-time su altri canali online. Per questo i partecipanti si rivolgono all’hotel, per raccogliere consigli che solo i locali potrebbero conoscere. L’apertura di un nuovo bar, la recensione di un buon ristorante, qualche perla nascosta o un evento particolare non molto pubblicizzato.

Tirando le somme, credo che questo piccolo sondaggio abbia confermato quello che tutti immaginavamo: informazioni interessanti sulla location e la possibilità di avere un confronto diretto con l’hotel per esprimere la propria opinione sul soggiorno, restano due delle leve social più efficaci per l’hotel.

Fonte:
Usa Today|Booking
Vincenzo D'Angelo